IL CUORE SOTTERRANEO DI SCIACCA

Viaggio lungo l’affascinante percorso tra le antiche grotte del caricatore regio. Un meandro di stretti e sinuosi vicoli e scale che calano fino al porto, nascondendo nel sottosuolo un’elaborata opera di ingegneria produttiva: centinaia di cavità ipogee, collegate tra esse, facevano di Sciacca uno dei principali porti frumentari siciliani. Una tappa obbligata, un substrato ricco di verità e tradizioni dove l’operosità umana permetteva lo sposalizio tra la cultura della terra e quella del mare, tra il mondo contadino e quello marinaro.

Bellezze indescrivibili e luoghi suggestivi tutti da scoprire.

PORTA DI MARE

FONTANA de "l'Acqua di l'occhi"

Chiesa della madonnuzza

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

VICOLI del Caricatore

SCALA A ZIG ZAG

IL PORTO

IL CANTIERE NAVALE

LE GROTTE

LE GROTTE

LE GROTTE

IL CARICATORE REGIO


Il caricatore di Sciacca fu uno dei principali porti frumentari siciliani per la considerevole capacità di immissione di salme di frumento sul mercato: nei primi del Quattrocento era il terzo dopo Licata e Agrigento e ancora in età moderna si manteneva nel primo gruppo di caricatori siciliani, cioè fra quelli che commercializzavano più di un milione di salme.

A Sciacca, in seguito alla costruzione delle mura Federiciane (1335-36), il vecchio caricatore, rimasto all’interno della città, a causa del continuo transito e sferragliare dei carri a tutte le ore del giorno, fu soppresso e ne venne creato uno nuovo, sotto la Porta di Mare, vicino al porto, in una zona asciutta e in declivio che potesse così impedire l’accumularsi delle acque piovane, difeso da una parte dalla cinta muraria, dall’altra dal fortino chiamato "Propugnacolo di San Paolo". Il nuovo caricatore poteva contenerne circa 40.000 salme di frumento e si estendeva per circa quattrocento metri. Nel pendio vennero realizzati diversi piani, intervallati da vie, con recinti o cortili, alcuni dei quali coperti da tettoie chiamate pinnate.

In origine, le fosse granarie, furono probabilmente abitazioni rupestri o sepolture, in seguito allargate e trasformate in ambienti ipogeici, e utilizzate poi come magazzini di stoccaggio in attesa di essere e caricate nelle navi alla fonda del suo porto. I granai erano scavati nella roccia viva, avevano la caratteristica forma a “imbuto rovesciato”, con accesso dall’alto ed erano collegati tra loro con canali, detti cannoli, che permettevano il trasferimento dei cereali conservati in fosse di varia dimensione. Nella stessa area del Caricatore si trovavano i diversi uffici del personale preposto alla sua gestione.

Tutti i caricatori, regi e baronali, erano comandati da un maestro portulano e senza la sua autorizzazione non era possibile estrarre il grano depositato. A dirigere i traffici dei singoli caricatori, gestendone gli affari e ricavandone lauti guadagni, erano i viceportulani, di solito membri del patriziato urbano. A Sciacca la carica venne rivestita dalle famiglie più in vista del luogo come i Monteliana, i Peralta e i Perollo.

La posizione di Sciacca faceva sì che sul suo caricatore gravitasse una vasta area, comprendente grosso modo i bacini del Platani e del Belice meridionale; il porto di Sciacca, dunque, divenne naturale sbocco per molti centri dell’hinterland. Tra i “forestieri” che gestivano il commercio estero vanno ricordati in primo luogo i Genovesi che godevano quasi del monopolio del commercio a Sciacca e vi crearono un loro consolato all’inizio del Quattrocento. Attivi anche gli Iberici che già nel Trecento avevano a Sciacca un viceconsolato catalano e, in ultimo, vi erano i Pisani.

I Caricatori della Sicilia furono aboliti con un decreto il 21 giugno del 1819, quando vennero sostituiti dai mulini come luogo di raccolta del frumento.